Raccontare ai giovani, fatti che sono successi in tempi non molto remoti ma che hanno cambiato il corso della storia è un nostro dovere morale: il 10 febbraio 1986 si apriva a Palermo il più grande procedimento penale mai celebrato al mondo: inaugurava una nuova stagione di impegno contro la criminalità organizzata in Sicilia.
I giudici Falcone e Borsellino restano tra i protagonisti d'eccezione che hanno cambiato la mentalità corrente contro “Cosa nostra” e che ancora oggi ispirano giovani magistrati mentre le mafie cavalcavano la globalizzazione.
475 imputati, poi scesi a 460 nel corso del processo, 200 avvocati difensori. Le accuse: crimini di mafia tra cui omicidio, traffico di stupefacenti, estorsione, associazione mafiosa. Numeri che suggerirono l'espressione giornalistica di maxiprocesso che generalmente indica solo il processo di primo grado, durato fino al 16 dicembre 1987. Tale processo si concluse con 19 ergastoli e pene detentive per un totale di 2665 anni di reclusione.
Secondo quanto emerso dagli atti giudiziari, all'inizio degli anni ottanta a Palermo imperversava il duro scontro tra due fazioni del gruppo mafioso denominato Cosa nostra: la fazione dei Corleonesi e quella guidata da Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti, di cui faceva parte anche Tommaso Buscetta, scappato in Brasile e che si contendevano il dominio sul territorio, al punto che tra il 1981 e il 1983 vennero commessi circa 600 omicidi.
Anche numerosi uomini delle istituzioni italiane, che avevano tentato di combattere la mafia attraverso nuove leggi, indagini e azioni di Polizia, caddero sotto i colpi dell’organizzazione criminale; tra questi, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, il segretario provinciale democristiano Michele Reina, il commissario Boris Giuliano, il giornalista Mario Francese, il candidato a giudice istruttore di Palermo Cesare Terranova, il presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, il procuratore Gaetano Costa, il segretario regionale siciliano Pio La Torre.
11/02/2021
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