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"L’AMORE NON UCCIDE": L’ULTIMO SALUTO A SARA

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MISILMERI — In una giornata attraversata da lacrime, silenzi e abbracci, una comunità intera si è fermata per dire addio a Sara Campanella, 22 anni, studentessa universitaria, uccisa brutalmente a coltellate a Messina dal collega Stefano Argentino. La chiesa di San Giovanni Battista e la piazza di Misilmeri non riuscivano a contenere l’onda d’amore, dolore e rabbia che ha invaso ogni spazio: centinaia di giovani, familiari, cittadini comuni, autorità. Un maxischermo ha trasmesso le esequie a chi non è riuscito a entrare. Ma non era solo un funerale. Era un grido collettivo: “L’amore non uccide”.

Dietro quella bara bianca, i volti distrutti dei genitori, Alessandro e Cetty, e del fratello Claudio. Intorno, tutto il paese, tutto il Paese, sembrava sussurrare la stessa domanda: Perché?

Un dolore che è diventato voce nell’omelia dell’arcivescovo Corrado Lorefice: «Nel corpo di Sara piangiamo il destino dell’umanità quando essa sceglie la violenza. Una vita rubata troppo presto, in modo oltremodo crudele». E quelle parole non sono cadute nel vuoto. Perché oggi a parlare non sono solo i numeri delle vittime di femminicidio. Oggi parla il cuore spezzato di una generazione che ha perso una di loro.

Sara non era solo una studentessa della facoltà di Tecniche di laboratorio biomedico. Era una di quelle persone che sanno lasciare un segno. I colleghi dell’università lo hanno detto chiaramente, in una lettera letta tra le lacrime: «Ci mancano le tue risate contagiose, il tuo dialetto, le notti a studiare in videochiamata. Ma tu sei viva in ognuno di noi. Ogni traguardo che raggiungeremo sarà anche per te, lo promettiamo».

E questa promessa non resterà solo tra i banchi dell’ateneo di Messina. La rettrice Giovanna Spatari ha annunciato che è stato avviato l’iter per conferire a Sara una laurea alla memoria, leggendo una toccante lettera che la giovane aveva scritto al professore Massimiliano Berretta per chiedergli di seguirla nella tesi. Un sogno interrotto, ma non dimenticato.

Alla fine della cerimonia, mentre i palloncini bianchi si alzavano in cielo e le note di Everglow dei Coldplay — la canzone preferita di Sara — risuonavano nell’aria, una voce si è alzata tra la folla: “Sara vive”.

E sì, vive. Nella memoria, nelle battaglie per un amore che non fa male, nei passi che le sue amiche e i suoi amici continueranno a fare. Per lei. Con lei.

Perché l’amore, quello vero, non uccide. Mai.

07/04/2025

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