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MONREALE PIANGE TRE GIOVANI VITE SPEZZATE: “NON È UNA SERIE TV, QUI SI MUORE DAVVERO”

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Una piazza piena di lacrime e silenzio, tre bare bianche, troppi sogni interrotti. Monreale si è fermata per dare l’ultimo saluto a Salvatore Turdo, Massimo Pirozzo e Andrea Miceli, i tre ragazzi uccisi nella sparatoria avvenuta dopo la mezzanotte di sabato scorso. Avevano tutta la vita davanti, ma sono diventati simbolo di una ferita aperta nella coscienza di una comunità e di una generazione.

Due piazze, un solo cuore spezzato. La folla era tanta che sono stati montati due maxi schermi per permettere a tutti di seguire i funerali trasmessi dal Duomo. Dentro, un silenzio assordante, carico di dolore, rispetto, rabbia. Applausi lunghi, occhi lucidi e parole che fanno riflettere più di qualsiasi titolo.

I familiari, distrutti, hanno parlato con la voce rotta ma con un messaggio forte e diretto: “Non abbiamo sentito la presenza delle istituzioni. È come se tutto questo fosse normale.” Il fratello di Massimo ha raccontato di un ragazzo pieno di vita, pieno di idee. La cognata di Andrea si è rivolta a voi, ai giovani: “Pensate all’importanza della vita. Se vi vogliono togliere qualcosa, scappate”. La mamma di Massimo ha ringraziato per l’amore dimostrato: “Era bello come il sole”.

In mezzo a tanto dolore, è difficile trovare parole giuste. Ma il sindaco Alberto Arcidiacono ha provato a farlo, dicendo che quei ragazzi “non sono stati solo vittime, ma coraggiosi. Il loro sacrificio ha impedito che andasse ancora peggio”. E poi lo striscione, appeso a un balcone accanto al Duomo, che dice tutto in una frase che colpisce come un pugno allo stomaco: “Basta con Gomorra e Mare Fuori. Qui si muore davvero.”

Anche l’arcivescovo di Monreale, Gualtiero Isacchi, ha lanciato un messaggio che dovrebbe farci riflettere tutti, giovani e adulti: “Viviamo in una società dove non si parla più, si urla. Dove non si ascolta, si impone. E così la violenza cresce. Nessuna comunità è immune.”

E allora, cosa possiamo fare?

La risposta forse non è semplice, ma l’arcivescovo ci invita a una “radicale inversione di marcia”. Fermarsi, pensare, ricominciare a dialogare. Ricordare Andrea, Salvatore e Massimo non solo con il dolore, ma con il coraggio di cambiare davvero le cose.

Perché sì, la violenza non è spettacolo. È tragedia vera. E può toccare chiunque.

Ma insieme possiamo far sì che le piazze piene non siano più per funerali, ma per feste, musica, vita.

Hai mai pensato a quanto vale davvero una vita, anche la tua?

02/05/2025

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