Un’onda colorata di cartelli, tamburi e cori ha invaso ieri le strade di circa 80 città italiane. Centinaia di migliaia di persone – studenti, sindacati, collettivi universitari ma anche famiglie e cittadini comuni – hanno marciato per chiedere il cessate il fuoco in Palestina e lo stop alla collaborazione militare, politica ed economica con il governo israeliano.
Una mobilitazione diffusa
Roma ha visto il corteo più affollato, con oltre 50 mila presenze. Qui, tra striscioni e bandiere, la polizia ha autorizzato una deviazione del percorso: i manifestanti hanno imboccato per un tratto la tangenziale est, bloccandola parzialmente in un clima comunque pacifico. Scene simili a Bologna e Pisa, dove autostrade e tangenziali sono state occupate per alcune ore. A Genova, Livorno e Marghera i porti sono rimasti fermi, simbolo della protesta contro i traffici legati alle forniture militari.
Tanta partecipazione, pochi scontri
La giornata è stata in gran parte tranquilla. Solo a Milano alcuni gruppi isolati hanno attaccato la stazione centrale e ingaggiato brevi scontri con la polizia, episodi che hanno acceso polemiche da parte dei partiti di maggioranza. Le organizzazioni promotrici hanno preso le distanze: “La nostra lotta è per la pace e contro ogni forma di violenza”, hanno ribadito gli studenti universitari in un comunicato serale.
Una voce generazionale
Molti giovani hanno portato in piazza la loro idea di impegno politico: creatività, musica, assemblee spontanee. “Non possiamo restare a guardare – racconta Chiara, 19 anni, al primo anno di Scienze Politiche – il silenzio non è neutrale”.
La mobilitazione dimostra che le nuove generazioni non restano indifferenti alle crisi internazionali. E la richiesta è chiara: un immediato cessate il fuoco e un cambio di rotta nelle relazioni con chi alimenta il conflitto.
23/09/2025
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