Immagina di vivere chiuso nella tua stanza per mesi, o persino anni. Nessuna scuola, nessun lavoro, nessun contatto con amici o familiari. Questo è il mondo degli *hikikomori*, una parola giapponese che significa "ritirarsi" e che descrive un fenomeno sempre più diffuso anche in Italia: giovani che scelgono di isolarsi completamente dalla società.
Chi sono gli hikikomori?
Gli hikikomori sono per lo più ragazzi e ragazze tra i 14 e i 30 anni. Spesso sono adolescenti che iniziano a chiudersi dopo un evento difficile: un insuccesso scolastico, episodi di bullismo, o il peso delle aspettative dei genitori e della società. Sentono di non riuscire a stare al passo con il mondo, e la loro stanza diventa un rifugio, un "bunker" dove si sentono protetti.
Ma perché accade?
Viviamo in un’epoca dove tutto corre velocemente: la scuola richiede voti alti, i social media mostrano vite perfette e il lavoro sembra un traguardo sempre più lontano. Per alcuni, tutto questo diventa troppo. L’idea di affrontare il giudizio altrui o di fallire può far paura. In questo clima di pressione, l’isolamento diventa una via di fuga.
Un fenomeno globale
Il termine hikikomori nasce in Giappone negli anni ’90, ma il fenomeno non è più limitato a quel paese. Anche in Italia ci sono migliaia di giovani che vivono questa situazione, anche se spesso rimane nascosta. Le famiglie, infatti, tendono a non parlarne, pensando che sia solo un momento passeggero o vergognandosi.
Cosa fanno tutto il giorno?
Gli hikikomori trascorrono le loro giornate tra videogiochi, internet e serie TV. Spesso mantengono un contatto minimo con l’esterno, magari ordinando cibo a domicilio o comunicando online. La loro connessione con il mondo reale si affievolisce, rendendo sempre più difficile uscire da questa situazione.
Come aiutare un hikikomori?
La soluzione non è semplice, ma il primo passo è capire e non giudicare. Gli hikikomori non sono "pigri" o "viziati", ma ragazzi che stanno affrontando una profonda sofferenza interiore. È importante che le famiglie chiedano aiuto a esperti, come psicologi specializzati, e che si crei un dialogo senza pressioni. A volte, basta anche un piccolo gesto: far sentire che non sono soli.
Un messaggio per chi si sente così
Se ti riconosci in questa descrizione, sappi che non sei sbagliato o diverso. Tutti attraversiamo momenti difficili e chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma di coraggio. Parlane con qualcuno di cui ti fidi: un amico, un genitore, o uno specialista. Anche i viaggi più lunghi iniziano con un piccolo passo.
Il fenomeno degli hikikomori ci ricorda quanto sia importante ascoltare i giovani e creare un mondo meno giudicante. Non dobbiamo avere paura di parlare di questi temi: solo così possiamo abbattere i muri dell’isolamento e aiutare chi si sente intrappolato a ritrovare la strada verso la luce.
28/11/2024
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